Il Buddista riluttante” William Wollard
Parlando con una insegnante, la splendida Prof.ssa Bosco dell’istituto alberghiero per il quale lavoro, mi sono lasciata sfuggire 😉 che il Buddismo mi incuriosisce e lei, buddista convinta, mi ha subito suggerito la lettura del libro “Il Buddista riluttante” scritto dall’inglese William Woollard, un libro che – a suo dire – mi avrebbe fatto capire di cosa si tratta. Ed è stato esattamente così, poche pagine ben scritte per avere tutto chiaro in mente. Un grazie alla Prof.ssa Nellina Bosco!!! 😉
L’autore scrive: «Sono arrivato al Buddismo molto scettico riguardo alla sua possibile integrazione e rilevanza in un contesto occidentale moderno. Adesso sono convintissimo del grande valore che riveste nella vita di chiunque, in qualsiasi parte del mondo». La mia domanda è: siamo davanti ad una filosofia di vita o ad una religione? In realtà se a “religione” attribuiamo il significato di “legarsi” a un Dio, allora il Buddismo non è una religione. Il Budda infatti è considerato un “potenziale” non una divinità e non ha regole da seguire come accade con le altre religioni. Per il buddista – dice l’autore – non c’è separazione tra il bene e il male, quest’ultimi infatti sono in tutte le cose. MI PIACE, mi sono sempre ritenuta una taoista, ho persino tatuato un Tao sulla mia caviglia sinistra quando avevo quasi 30 anni.
Mi è piaciuta anche un’altra idea:
la vita è la tua e solo tu puoi cambiare le cose che ti riguardano, sei l’unico responsabile della tua felicità o della tua tristezza, l’unico responsabile del modo in cui affronti i tuoi problemi. Quindi la causa dei tuoi problemi è dentro di te e, puoi starne certo, è lì che troverai anche tutte le soluzioni. MI PIACE ASSAI.
Per riassumere: il Buddismo è ateo perché non riconosce un potere divino superiore, non è moralista perché non detta comandamenti per insegnare a vivere, e c’è anche un’altra caratteristica: non è passivo, statico, fine a se stesso, anzi incita l’individuo ad attivarsi immediatamente per arrivare ad una soluzione, per affrontare attivamente i problemi invece di metterli sotto il tappeto o procrastinarli.
Ma la cosa che mi è piaciuta più di ogni altra
è stato leggere che il Buddismo si identifica in tre cerchi concentrici: l’individuo è al centro, la società nel secondo anello e l’ambiente nel terzo, sono cerchi imprescindibili, non si può assolutamente fare a meno di uno di loro: per vivere bene la nostra vita (primo cerchio) è necessario rispettare la vita degli altri (secondo cerchio) e preservare l’ambiente in cui viviamo (terzo cerchio). FANTASTICO. Allora – mi sono detta – io sono Buddista da sempre 😉
Non c’è il minimo dubbio – conclude Woollard – che il buddismo abbia aumentato di moltissimo l’ammontare della felicità nella mia vita e in chi con la mia entra in contatto. Conclude dicendo: Cos’è la felicità? se non quella profonda e intensa sensazione di benessere percepita anche in mezzo a problemi più o meno gravi. E ancora: i problemi che incontriamo non sono da considerarsi sfighe ma, paradossalmente, sono preziosi e indispensabili per accrescere e fortificare noi stessi, per tirar fuori il meglio di noi, più determinati, più felici, più ottimisti.
BEH, CHE DIRE? A parte che sono sempre stata buddista e non lo sapevo? Quanto sarebbe fantastico se insegnassimo ai nostri bimbi, da subito, il rispetto di se stessi, degli altri e dell’ambiente in cui viviamo e se li aiutassimo a considerare i problemi (le difficoltà, gli ostacoli) come una sfida, un mezzo per imparare ad uscirne fuori ogni volta più forti di prima? Sarebbe fantastico se ci riuscissimo.
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