I consigli di Ruiz
Tempo di lettura: 2,5 min.
E se a scuola parlassimo dei consigli di cui parla Don Miguel Ruiz nei suoi libri?
Il primo consiglio:
Impara a vedere gli altri come sono realmente senza prendere nulla sul personale; non lasciarti ferire dalle parole o dai comportamenti, la loro è solo paura di mostrarsi imperfetti ai tuoi occhi.
Esattamente quel che mi piace definire “approcciare tutto da uno spazio d’amore”.
E’ impressionante come questo atteggiamento mentale possa salvarci in ogni situazione: nulla potrà in qualche modo ferirci se prendiamo tutto come un dato di fatto e non come qualcosa di personale.
Partendo da questo spazio compassionevole non ci turberemo neanche dinanzi ad una scortesia gratuita o ad una palese menzogna, ma ci accingeremo a guardare con amore l’altro/a pensando alle possibili ferite che porta dentro di sé, a quanta difficoltà sta vivendo in quel momento e quanto sia frustrante per lui/lei la paura di apparire imperfetto/a ai nostri occhi.
Che risposta avrebbe questa regola tra gli adolescenti?
Come si sentirebbe un adolescente nei confronti di un professore non esattamente gentile nell’esprimere il suo disappunto o troppo rigido nel giudicare una prestazione/verifica? Se ogni alunno imparasse a non prendere nulla sul personale non si sentirebbe offeso ma prenderebbe tutto come un consiglio da seguire;
e nei confronti di un coetaneo non esattamente gentile? Non esisterebbe ciò che abbiamo definito “bullismo”, perché nessuno darebbe importanza alle parole mal dette e, anzi, cercherebbe compassionevolmente di capire quale paura o quale vuoto si cela dietro quelle offese. Nessuna scortesia creerebbe dolore o strascichi.
Il secondo consiglio:
Se qualcuno vi dice: “lui mi tratta malissimo” e voi chiedete: “Ma allora, perché non te ne allontani?”, quella persona non saprà cosa rispondere. La verità è che ha bisogno dell’altro per punire se stessa.
Lamentarsi di qualcuno o qualcosa senza trovare una soluzione nell’immediato o a brevissimo termine, è sempre la conseguenza di una incapacità, o mancanza di volontà, di uscire dal problema, quasi un crogiolarsi nel fango di cui ci si lamenta ma dal quale non si vuole realmente uscire.
Gli adolescenti si lasciano andare a frasi del tipo “non posso stare senza di lui/lei” o “non posso andare avanti così”; o anche “non sono capace” o “non ce lo farò mai”, etc,; ma si guardano bene dal rispondere alla domanda “come posso fare per uscire da questa situazione?“.
Il terzo consiglio:
Non supporre nulla. Il problema del fare supposizioni è che le riteniamo vere. Supponiamo qualcosa, ci sbagliamo, lo prendiamo in modo personale e reagiamo spargendo veleno emozionale con la nostra parola. Da ciò si crea tutto un dramma basato su niente.
Supponi che le cose vanno come devono andare a prescindere da te e che tu non hai potere su di esse; supponi che devi per forza piacere a tutti; supponi che la tua sia una vita sfortunata, che più di qualcosa poteva andare diversamente; supponi che chi ti sta affianco debba essere sempre d’accordo con te; supponi di non essere abbastanza e che la felicità è da cercare altrove, al di fuori di te; supponi che gli altri sappiano cosa ti piace e cosa hai in mente e così ti crei aspettative basate solo su supposizioni.
Servono azioni concrete non supposizioni.
Se non capisci è inutile supporre, piuttosto fai domande….. per capire.
Per gli altri consigli vedi qui
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