“L’intelletto è limitato e il miglior modo di capire la realtà è usare i sentimenti e l’intuizione perché la verità è una terra senza sentieri” lo pensava il fiorentino Tiziano Terzari, giornalista e scrittore amatissimo (1938 – 2004).
I suoi libri sono pieni di spunti educativi, si possono coglierne tra le righe e in modo diretto. Ha viaggiato e scritto per una vita intera, fatte esperienze che gli hanno permesso di cambiarla in modo che gli assomigliasse, gliel’hanno reso piena così tanto da essersi sentito curioso persino di morire – mi rincresce solo che non potrò scriverne – diceva. A proposito dei libri: la vera conoscenza non viene dai libri, neppure da quelli sacri, ma dall’esperienza personale.
“La cosa più bella che un giovane possa fare è di inventarsi un lavoro che corrisponde ai suoi talenti, alle sue aspirazioni, alla sua gioia”.
Perché nella vita c’è sempre una strada e i giovani vanno aiutati a cercarla con tutti i mezzi prima che sia tardi e possa sfuggire loro. Lo scrittore fiorentino parla di sé, delle sue esperienze, si rivolge a tutti senza limiti di età ma indiscutibili sono i messaggi che ha lasciato per i giovani e i consigli per tutti gli educatori.
Per lui la grande bellezza sta nella diversità, comprenderla e accettarla, ogni volta con rinnovata meraviglia, serve a capire chi siamo e dove stiamo ma anche quanto tutti siamo unici. Necessario è guardare l’Universo come un tutt’uno in cui ogni parte riflette la totalità.
Bisogna superare le paure con il coraggio e rispettare la regola secondo la quale quando sei a un bivio e trovi una strada che va in su e una che va in giù, devi prendere quella che va in su. E’ più facile andare in discesa ma salire è un altro modo di vedere le cose, è una sfida.
Gli educatori devono invitare i ragazzi a prendere decisioni in autonomia perché l’unico vero “maestro” ognuno lo porta dentro di sé. I giovani vanno spronarli a vivere il loro presente, il passato altro non è che uno strumento per vivere al meglio il presente.
Il suo è un invito a vivere il presente ognuno al proprio ritmo, con tutta la calma di cui si necessita, una calma che consente di innamorarsi delle cose, commuoversi, apprezzare la solitudine e la buona compagnia in ugual misura.
Correre o vivere freneticamente, come spesso facciamo noi “grandi”, non serve a essere felici e siamo bravissimi a inventare scuse per non fermarci a riflettere. Così facendo sprechiamo il nostro tempo. A volte bisogna rischiare, fare altre cose. Occorre rinunziare ad alcune garanzie perché sono anche delle condizioni.
La nostra economia ci costringe a lavorare a ritmi spaventosi per produrre delle cose per lo più inutili, ci affanniamo per comprare cose effimere e arriviamo stanchi la sera ma questo ritmo forsennato è utile solo a dare soldi alle società multinazionali, alle grandi aziende, ma non dà felicità alla gente.
Per essere felici, sostiene Terzari, bisogna essere capaci di godere di poche cose necessarie, non serve lavorare per accumulare cose futili. Un uomo che si accontenta è un uomo felice. Facciamo quello che è giusto, invece di quello che ci conviene. Educhiamo i figli a essere onesti, non furbi.
Sull’educazione:
L’educazione dovrebbe cominciare con l’insegnare il valore della non violenza, che ha a che fare poi con tutto: con l’essere vegetariano, col rispettare il mondo, col pensare che questa terra non te l’han data a te, che è di tutti e tu non puoi impunemente metterti a tagliare e fare buchi.
Sui viaggi
Ogni posto è una miniera. Basta lasciarsi andare, darsi tempo, stare seduti in una casa da tè a osservare la gente che passa, mettersi in un angolo del mercato, andare a farsi i capelli e poi seguire il bandolo di una matassa che può cominciare con una parola, con un incontro, con l’amico di un amico di una persona che si è appena incontrata e il posto più scialbo, più insignificante della terra diventa uno specchio del mondo, una finestra sulla vita, un teatro di umanità dinanzi al quale ci si potrebbe fermare senza più il bisogno di andare altrove.
La miniera è esattamente là dove si è: basta scavare.
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