Che cosa abbiamo fatto.
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Che cosa abbiamo fatto ce lo sta dicendo questa situazione, ce lo dicono i social con video e immagini e parole, ce lo sta dicendo la TV giorno dopo giorno, ora dopo ora;
poi la bellissima poesia Nove marzo duemilaventi di Mariangela Gualtieri, poetessa e scrittrice italiana che in sintesi ci dice:
Ci dovevamo fermare e lo sapevamo tutti. Noi troppo presi a stare dentro le cose e fuori da noi stessi, ora che siamo costretti a stare fermi capiamo quanto sia difficile stare distanti un metro, non potersi abbracciare, non potersi dare la mano.
Ora che siamo stati costretti a rallentare possiamo scorgere, in quella che sembra la punizione di un bambino che l’ha fatta grossa, le pepite d’oro che essa ci riserva, se ci aiutiamo tutti.
Noi che abbiamo smesso di fantasticare, di farci delle domande, di alzare lo sguardo al cielo per ammirare le sue meraviglie, che abbiamo smesso di annusare il profumo dei fiori di campo e di guardarci negli occhi a lungo;
troppo presi dalla routine frenetica e impegnati a inseguire ciò che faremo o saremo domani, abbiamo perso di vista ciò che siamo ora, ciò che facciamo ora, ciò che diciamo e come lo diciamo.
Noi che abbiamo perso di vista i nostri valori e non sappiamo più neanche di averne, proprio noi che abbiamo smesso di farci domande ora ne abbiamo una che ci tormenta: che cosa abbiamo fatto? Cosa abbiamo fatto per arrivare a tanto.
E’ già tardi per questa domanda
proviamo a sostituirla con un più propositivo che cosa possiamo fare ORA? Solo rispondendo a questa domanda saremo in grado di reinventarci e di scoprirci persino migliori di quanto avessimo finora creduto.
Quello che ci accade è esattamente l’espressione di ciò che abbiamo cercato
e per dare un freno a tutto questo siamo stati costretti a fermarci, a frenare bruscamente.
Ora abbiamo poco tempo per piangere le conseguenze dei nostri errori, ma abbiamo tanto tempo per guardare il cielo e per apprezzare questa primavera, arrivata in anticipo di un giorno, e le sue meraviglie. Abbiamo tempo per tanto altro.
Noi torneremo ad apprezzare
il momento in cui stringeremo una mano guardando negli occhi e sorridendo, questo è quell’oro a cui credo si riferisca l’autrice di questa meravigliosa poesia.
Chissà se cominceremo a capire che siamo parte di un tutto, non solo nel senso che siamo tutti parte in causa ma che siamo parte di un universo talmente immenso da apparire minuscoli e insignificanti. Eppure ci comportiamo come fossimo padroni del mondo e ne cambiamo le sembianze a nostro piacimento per chissà quali interessi di pochi, dimenticando che
non siamo noi che abbiamo fatto il cielo.
La buona notizia (quell’oro) è che
noi torneremo con una comprensione dilatata. Saremo qui, più attenti credo. Più delicata la nostra mano starà dentro il fare della vita
anche perché
adesso lo sappiamo quanto è triste stare lontani un metro
Intanto le restrizioni aumentano, perché non diminuiscono i comportamenti insensati e superficiali di chi se ne frega degli altri, di chi non ha la fortuna di avere vicino qualcuno che gli dica fermati, fallo per te e per tutti gli altri.
E ancora una volta non basta sentirsi persona di buon senso
dobbiamo esserlo tutti; quando anche uno solo di noi non fa ricorso al buonsenso o va internato o costringe tutti a restrizioni sempre maggiori.
Ci dovevamo fermare e lo sapevamo tutti.
Ora che siamo stati costretti a rallentare possiamo scorgere, in quella che sembra la punizione di un bambino che l’ha fatta grossa,
le pepite d’oro che essa ci riserva. Se ci aiutiamo tutti.
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