Siamo tutti parte in causa.
Che significa?
Che nessuno può ritenersi estraneo a ciò che accade tutt’intorno.
Ci comportiamo come fossimo distanti dalle cose che vediamo accadere ogni giorno e che riteniamo sbagliate, ma noi facciamo parte del contesto in cui viviamo.
Almeno una volta al giorno mi capita di sentire qualcuno che si lamenta delle cose che non vanno. Qualcuno che non sa come fare per migliorarle o evitarle.
Sono scuse.
Almeno una volta al giorno sento questa scusa.
Prendiamo una scusa ogni volta che non vogliamo aprire gli occhi.
Fermarsi a riflettere prima di criticare e lamentarsi. Una riflessione renderebbe consapevoli di aver avuto un ruolo importante nel provocare quel danno o quel disagio individuale o sociale.
Comprendere che sei la causa, in parte o principale, di qualcosa che è diventato scomodo per te e per gli altri, costa fatica.
Siamo tutti parte in causa.
Se capissimo questo e ci comportassimo di conseguenza, eviteremmo di sentirci distaccati da ogni situazione e non commetteremmo l’errore di crescere i nostri giovani completamente avulsi dalle cose che accadono intorno a loro.
Non commetteremmo l’errore di crescere figli che resteranno a guardare, o a filmare con il cellulare, un compagno che viene pestato a morte dentro una discoteca, tanto per dirne una. Figli che tacciono anche se testimoni oculari di una qualsiasi malefatta o dinanzi ad una qualsiasi azione irrispettosa.
Siamo tutti direttamente interessati.
Mostra a tuo figlio che non ti tiri indietro se c’è da sanare una situazione o da aiutare qualcuno che subisce un’offesa. Non temere di agire, fallo almeno per lui, lascia che ti veda intervenire per il bene comune o per salvaguardare un singolo.
Sentirsi parte in causa aiuta a opporsi a ciò che non va, a ribellarsi dinanzi a un’ingiustizia, ad attivare una reazione singolarmente o combinata con altri.
Significa non limitarsi ad accettare qualsiasi cosa ci sia proposta o imposta.
Adattarsi e limitarsi alla lamentela continua serve solo a impoverire se stessi, ad annientarsi.
Non dimentichiamo che ci sono sempre occhi puntati su di noi, sono occhi che assorbono tutte le nostre azioni, le metabolizzano, le assimilano e le renderanno proprie.
Se non ci è chiaro che siamo tutti parte in causa, forgeremo uomini e donne capaci solo di lamentarsi e di accettare tutto remissivamente.
Fa in modo che i tuoi figli, o i tuoi allievi, non diventino omertosi per i fatti che accadono a scuola, fagli capire che non è da stupidi o da sfigati raccontare o denunciare un sopruso.
So che è più semplice scegliere la via del silenzio, dell’ignorare e del restarne fuori.
Ci è di certo capitato di suggerire ai nostri giovani di tirarsi fuori per evitare problemi, ma questo non significa lasciare che il peggio accada a qualcun altro senza muovere un dito.
Va bene prendere le distanze da ciò che non ci piace, ma non possiamo chiudere gli occhi. Se tuo figlio non ti racconta di aver subito una prepotenza o che qualche amico ne sta subendo una che lede i suoi diritti, vuol dire che sente la tua assenza e non si fida di te.
Fagli sentire che ci sei. Che anche tu ti batti contro ogni tipo d’ingiustizia o imposizione da parte di chicchessia, che nessuno ha il diritto di mancare di rispetto ad altri, né con le parole, né fisicamente.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.