Penso a una scuola diversa.
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Mancano pochi giorni e di nuovo si torna tra i banchi di scuola.
Le aule torneranno a essere rumorose dopo il silenzio di una lunga estate. Ogni anno si rientra con tanti buoni propositi e con la speranza di trovare qualcosa di più, qualcosa che dia slancio alle nostre attività scolastiche.
Penso a una scuola diversa. Simile alla scuola danese, per esempio. I danesi hanno, infatti, un metodo diverso dal nostro. Loro hanno un “metodo” e questa mi sembra già una grossa fortuna. Noi un metodo che possa definirsi vincente non lo abbiamo di certo. Siamo gli stessi di 70 anni fa, quando nelle scuole si badava solo alla disciplina e ad esaltare il migliore.
La scuola danese da oltre 40 anni fa meglio di noi.
Nelle nostre aule ci sono banchi singoli e messi in fila, nelle scuole danesi si punta sul lavoro di squadra, quindi aule spaziose, con banchi grandi messi in modo che ci sia spazio intorno, a disposizione di gruppi e non solo di singoli.
Questa attenzione danese al lavoro di gruppo trova le sue fondamenta nella consapevolezza che, nel mondo del lavoro, sarà poi necessario collaborare. Diventati adulti, infatti, i nostri allievi lavoreranno praticamente sempre in team. Tutte le attività lavorative hanno infatti bisogno di collaborazione e lavoro di squadra. Allora perché non cominciare dalla scuola, come fanno i danesi!!!
Più che classi le loro sono squadre di lavoro cooperativo in cui insegnare empatia.
Mi piace l’idea di una scuola in cui si insegna l’empatia, una scuola in cui si riconosce l’importanza di far acquisire ai giovani la capacità di stabilire un forte feeling con gli altri, di mettersi nei panni dei coetanei e comprenderli immediatamente. Una capacità che da noi si auspica abbiano almeno i docenti. A proposito di empatia leggi qui.
Non è un caso se nelle aule danesi si da molto spazio al gioco libero, un importante strumento di crescita, non solo perché aiuta a sviluppare le diverse tattiche da utilizzare poi nella vita per districarsi nelle varie situazioni, ma soprattutto perché rende empatici.
Beh! direi che abbiamo più di qualcosa da cui prendere spunto.
Un’altra cosa che mi è piace molto, e che potremmo adottare, è la giornata a tema, una giornata dedicata a una singola materia durante la quale non si studia altro. Durante l’anno vengono organizzate addirittura settimane a tema, per esempio sul benessere o sull’amicizia, mentre noi dobbiamo inventare progetti extra scolastici per affrontare temi di interesse come questi.
Nelle scuole danesi si educa alla libertà responsabile.
I loro ragazzi non sono diversi dai nostri, fanno casino, sporcano e mettono in disordine esattamente come accade da noi, ma a loro è assegnata la responsabilità della pulizia delle aule a fine lezione. Un modo semplice per trasmettere il senso di responsabilità, fin dai primi anni di scuola. Si sentono liberi di portare a termine le loro lezioni senza troppe limitazioni ma nella consapevolezza che poi a loro spetterà riporre tutto a posto, come hanno trovato. Un invito alla libertà ma anche alla serietà e alla personale coscienza, nel rispetto delle cose degli altri e degli spazi in comune.
Per tutti i danesi i giorni di scuola sono 5 giorni alla settimana, le ore di lezione durano al massimo 45 minuti e ogni 90 minuti c’è una pausa di 30′. Noi parliamo di 10 minuti di ricreazione, loro parlano di pausa didattica che per tutti è un momento prezioso della giornata, ma che noi abbiamo deciso di farci mancare.
A dispetto delle nostre numerose classi, nelle loro non ci sono più di 20 alunni. Classi che spesso vengono divise grazie alle compresenze. C’è da dire che loro hanno strutture scolastiche decisamente più ampie e attrezzate in cui ogni insegnante italiano sognerebbe di entrare ogni giorno.
Non è tutto.
Le famiglie sono frequentemente aggiornate e consultate su situazioni pedagogiche e didattiche quotidiane e i genitori hanno voce in capitolo su ogni aspetto della scuola, dall’amministrazione alla decisione di una bocciatura.
I docenti danesi, inoltre, non assegnano compiti per le vacanze, se non in casi eccezionali, perché ritengono non sia necessario e sono tutti dell’opinione che severità e punizioni creano una distanza eccessiva tra loro e gli alunni, rovinano il dialogo e la comunicazione. A questo proposito e a proposito dei compiti leggi qui.
Grazie a Marco per aver suggerito questa riflessione.
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