Per non sentirmi complice
Tratto dal libro: “Pensieri Pandemici” di tiziana DG
Tempo di lettura: 3 min.
Dopo aver deciso di disfarmi di qualsiasi cosa che non sia strettamente necessaria a rendermi felice, ho deciso anche di rivendicare il mio diritto a sentirmi un essere umano libero da storture imposte e di dichiarare la mia completa estraneità ad un codice a barre. A non sentirmi più complice.
Non voglio più far parte di un sistema
in cui non mi riconosco e, non potendo uscirne completamente, voglio almeno non sentirmi più complice. In questi ultimi due anni ho superato il limite della tollerabilità e quelli come me, quelli cioè che hanno subito la follia degli ultimi due anni (quasi tre), sanno bene di cosa sto parlando.
Per quanto mi riguarda, per uscirne fuori non vedo altra scelta possibile se non quella di togliermi di dosso tutto ciò che non mi assomiglia, che non capisco, che non condivido e che mi costringe ad accettare opinioni, situazioni e condotte che in realtà non approvo.
Non succederà mai più
che io inganni me stessa per compiacere gli altri, sono stanca di subire e sopportare continuamente tutto per quel c.… (non trovo un sinonimo più elegante, mi perdonerai) di quieto vivere e, complice la consapevolezza di avere più tempo alle spalle di quanto ne abbia davanti a me, sono stanca e dico basta a tanta ipocrisia.
Mi considero un essere vivente libero
che non vuole appartenere a nessuno e tanto meno ad uno Stato privo di coscienza etica che alla mia nascita ha ingannato i miei genitori e si è appropriato di me affibbiandomi un codice a barre (il codice fiscale).
Non voglio più sentirmi merce, né di proprietà di questo Stato o di qualunque altro, non voglio più essere considerata un soggetto giuridico e mi appresto a negarne il consenso; sono italiana solo perché nata su questo territorio e perché le mie radici sono qui, ma non sento di appartenere a questa “repubblica” fatta da uomini e donne irrispettosi, né a nessun’altra, mi appresto a rinunciare alla cittadinanza che mi è stata attribuita in modo subdolo e che quindi non ho scelto io.
Voglio recedere dal contratto che mi hanno fatto “firmare” alla nascita mio malgrado e a mia insaputa, e scelgo di togliere il mio nome dai registri parrocchiali manifestando la mia volontà di non essere più considerata aderente alla confessione religiosa denominata “chiesa cattolica apostolica romana”.
Sono stata inconsapevolmente assoggettata ad un sistema falso e per niente rispettoso; almeno da uomini e donne “di chiesa” mi sarei aspettata completa dedizione all’altro e soprattutto agli ultimi.
E’ il momento di dire basta.
Una scelta importante, coraggiosa, folle? Ciò che conta è che sia coerente con quello che sento dentro, importa che sia la mia scelta, non voglio più sentirmi complice di nulla che io non condivida e che non si allinei alle vibrazioni del mio cuore, non voglio essere parte di una chiesa che è la seconda potenza al mondo per quanto riguarda la ricchezza materiale, che conserva segreti insvelabili per timore di manifestarsi per quella che è, che non si vergogna né chiede scusa per gli errori che ha commesso in passato e non riconosce quelli che ancora commette.
Che fa investimenti finanziari con i potenti e i peggiori del mondo mentre c’è ancora chi muore ogni giorno di fame e che si vede gratuitamente calpestata ogni giorno la propria dignità; una chiesa che ignora gli ultimi e bacia la mano a chi ogni giorno alimenta guerre, a chi inventa “pandemie” e invia medicinali e vaccini scaduti a bambini di serie B, a chi semina paura per tenere sotto controllo la gente di tutto il mondo, a chi fa parte della grande famiglia che ha riscritto la storia, le sacre scritture e la geopolitica per ingannare tutti noi.
E’ tempo di togliere il nostro consenso, almeno per non sentirsi più complici di tutto questo.
Una scelta è anche quella di cominciare a vivere secondo regole che mi fanno sentire finalmente giusta; ho sempre trovato ingiusto mangiare animali (anch’essi con un volto e un’anima) ed ho smesso di farlo;
ho sempre trovato un’idiozia comprare alimenti chiusi in involucri di plastica ed ho smesso di farlo; ho sempre pensato fosse la cosa giusta nutrirsi di ciò che la natura offre, senza contaminazioni volute, inscatolamenti e trattamenti vari ed ho finalmente cominciato a farlo.
Non ho più tempo per chi non è in sintonia con me,
per chi urla invece di parlare, per chi dissente solo perché non ha argomenti e coraggio, per chi attacca solo per proteggersi e per chi fa domande e non ascolta le risposte.
Non ho mai tollerato i discorsi che si sovrappongono e le persone che parlano senza chiedersi se la cosa può essere utile o interessante per chi ascolta ed ho smesso di farlo.
Ho sempre pensato che siamo il risultato dei nostri pensieri e che la nostra vita dipende da come reagiamo alle cose che ci accadono e non dagli eventi che subiamo nostro malgrado e che, quindi, lamentarsi non serve a niente; serve invece orientarsi verso una possibile soluzione, perciò ho cominciato a togliere il mio tempo a chi si lamenta senza concentrarsi per trovare una soluzione, a chi una soluzione non la cerca neanche e si lamenta per il solo gusto di farlo;
tolgo il mio tempo a chi non parla di progetti,
a chi si limita a chiedersi cosa e dove mangerà o comprerà stasera o domani; a chi abbassa lo sguardo e fatica a sorridere e a guardarti negli occhi con interesse.
Faccio a meno volentieri di pensieri che possono rattristarmi o farmi preoccupare più del dovuto; mi allontano da chi non mi permette di togliere ciò che non fa per me e da chi non mi rende felice.
Finalmente mi sento giusta, nel posto giusto e al momento giusto in ogni istante della mia quotidianità…
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.