Modestia: virtù o sofferenza?
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a proposito di modestia Ernest Miller Hemingway scriveva:
“Preferisco essere capace di apprezzare cose che non ho, piuttosto che avere cose che non sono capace di apprezzare.”
Quante volte ci siamo fatti sopraffare dalla modestia quando qualcuno ha elogiato un nostro comportamento o una nostra qualità?
Un giorno a scuola il mio prof di storia dell’arte, probabilmente per spronarmi a superare la mia timidezza, mi disse: “la modestia è la virtù di chi non ha nulla di cui vantarsi” e poi mi chiese: “Cosa ti rende orgogliosa di essere come sei? Perché non riesci a parlarne?”.
Destabilizzò le mie certezze: sapevo di essere timida e di riuscire, per questo, a fare appena con sufficienza ciò che mi veniva chiesto a scuola;
e queste domande mi costrinsero a riflettere su quelle caratteristiche che io ritenevo non fossero importanti:
ero capace di ascoltare, di meravigliarmi di tutto, di apprezzare il sorriso di un compagno di scuola, adoravo gli abbracci, mi emozionavo per il successo degli altri;
avevo chiara la percezione dell’aria che entrava attraverso le mie narici e mi piaceva percepire le mie gambe e il mio corpo muoversi nell’ambiente, ero generosa e per nulla attaccata alle cose e tanto meno possessiva o gelosa o invidiosa e anch’io ottenevo i miei piccoli quotidiani successi.
Non smisi di essere modesta ma cominciai a dare valore alle piccole conquiste quotidiane, ai miei spontanei gesti giornalieri o occasionali.
Ne parlai con un amico capace di ascoltarmi e presto imparammo insieme a riconoscere le nostre piccole qualità e non tardò il momento in cui, entrambi, ci regalammo agli altri circondandoci di un gruppo di pari pronto a condividere e ad apprezzare.
Riconoscere le cose ben fatte non ci faceva sentire immodesti o sbruffoni,
ma come per magia stavamo aprendo gli occhi a tanti dei nostri amici che, ancora chiusi dentro a un “non ne sono capace”, cominciavano ad apprezzare le loro qualità fino ad allora tenute nascoste anche a loro stessi.
Capimmo che ognuno di noi aveva una spiccata attitudine, una vocazione per qualcosa, che ognuno era depositario di qualcosa da apprezzare per una ragione o per l’altra, piccola o grande, evidente o celata.
Grazie a quel giorno, a scuola, imparai che è davvero necessario bilanciare la modestia,
per evitare di correre il rischio di oscurare le proprie capacità e sottostimare se stessi.
C’è bisogno di qualcuno che ponga le giuste domande per consentire a chi sta crescendo di trovare la misura esatta tra una eccessiva riservatezza e il vanto.
Una persona che non ama vantarsi ma sa riconoscere i propri limiti e al contempo è in grado di valorizzare i propri meriti, vive nella vita reale.
Una persona eccessivamente modesta sottovaluta se stessa e corre il rischio di sopravvalutare l’operato di altri sminuendo il proprio.
Condividere i propri “successi” non significa celebrare se stessi ma il puro esito; in fondo quando si raggiunge un risultato, qualsiasi esso sia, nello sport, in famiglia o a scuola, i fattori che lo hanno determinato sono diversi:
non solo la persona ma i componenti del gruppo (famiglia, squadra, classe) hanno di certo influito, ci saranno state condizioni favorevoli derivanti dalla presenza di altri e di altro.
Condividere con gioia una peculiarità o un risultato ottenuto equivale a riconoscere l’insieme dei fattori interni ed esterni che lo hanno determinato.
Invitiamo i nostri giovani alla giusta misura di se stessi e a non sottovalutare quanto gli altri e l’ambiente, in cui hanno scelto di vivere o in cui sono capitati, incidono sui loro comportamenti.
“La modestia non può essere una virtù perché assomiglia più ad una sofferenza che a una qualità”. Era il pensiero di Aristotele
Diventa sofferenza perché funge da freno al raggiungimento dei risultati che invece siamo in grado di raggiungere.
Ognuno dovrebbe poter urlare ad alta voce ciò di cui si sente capace, le prime orecchie saranno le sue e potrà crederci fino in fondo.
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