LETTERA AL PADRE
Nella seconda metà dell’800, in un piccolo paese nella Boemia meridionale, in una casupola con il tetto coperto di paglia, nasce e cresce Hermann Kafka.
L’uomo che più di ogni altro contribuì a formare colui che sarebbe diventato il celebre Franz Kafka, suo figlio, che gli dedicherà più in là negli anni una lettera pubblicata postuma, “Lettera al padre”.
“Carissimo padre, di recente mi hai domandato perché mai sostengo di avere paura di te. Come al solito, non ho saputo risponderti niente, in parte proprio per la paura che ho di te, in parte perché questa paura si fonda su una quantità tale di dettagli che parlando non saprei coordinarli neppure passabilmente. E se anche tento di risponderti per iscritto, il mio tentativo sarà necessariamente assai incompleto, sia perché anche nello scrivere mi sono d’ostacolo la paura che ho di te e le sue conseguenze, sia perché la vastità del materiale supera di gran lunga la mia memoria e il mio intelletto.”
La lettera è una critica all’educazione che il padre gli imponeva e una riflessione sull’ambivalenza amore-odio che Franz nutriva nei suoi confronti. Il rapporto conflittuale padre-figlio viene così delineato tramite le descrizioni di episodi del passato e aneddoti che ci permettono di immergerci pian piano nella storia dei due.
“Io vivevo comunque e sempre nella vergogna, provavo vergogna se mi attenevo ai tuoi ordini, dato che valevano solo per me; provavo vergogna se mi mostravo recalcitrante, perché lo ero nei tuoi confronti, oppure non ero in grado di adeguarmi perché non avevo né la tua forza, né il tuo appetito, né la tua agilità, cose che tu pretendevi da me considerandole ovvie; e questa era la vergogna più bruciante.”
Franz confessa la sua debolezza di bambino fragile, impotente nei confronti dell’autorità del padre, che lo zittisce, lo sminuisce e infine lo disprezza, non riuscendo ad accettare le debolezze e le scelte di vita di un figlio fragile e introverso, con un grande interesse per la letteratura piuttosto che per la religione, un figlio che rifiuta i canoni borghesi e il matrimonio, valori che Hermann voleva imporgli con metodo autoritario e umiliante, ma che in conclusione ebbero l’unico effetto di riempirlo di paure e insicurezze, facendogli sviluppare un odio profondo per sé stesso e per la propria incapacità di sviluppare rapporti umani autentici.
“Di fronte a te avevo perduto ogni fiducia in me stesso e conseguito in cambio uno sconfinato senso di colpa.”
I problemi di comunicazione col padre influirono conseguentemente anche sulla maniera in cui Franz si relazionava con le persone intorno a lui, spingendolo a chiudersi in sé stesso, sempre attanagliato da un’enorme insicurezza nei confronti degli altri, dal senso di inferiorità – anche sul piano fisico, che lo avrebbero fatto sentire tutta la vita inadeguato nei confronti delle donne, del prossimo, ma anche e soprattutto inadeguato ai suoi stessi occhi.
Ma se da una parte la lettera è una chiara invettiva all’azione educativa del genitore, dall’altro ci è altrettanto evidente che sia uno sfogo, un appello disperato alla comprensione del padre. Leggendo della lotta impari tra il bambino troppo debole e il padre troppo forte, non possiamo fare a meno di percepire con grande commozione la speranza di una riconciliazione che Franz continua a covare segretamente, lacerato tra l’odio per un genitore che non riesce ad accettarlo così com’è, e l’immensa e inevitabile stima e ammirazione che prova nei suoi confronti.
Franz dirà anni dopo in una lettera a Elli Hermann che “Il fatto è che per i figli i genitori provano soltanto l’amore animalesco, insensato, che si confonde continuamente con il figlio, mentre l’educatore ha rispetto del bambino, e da un punto di vista educativo questo è incomparabilmente di più, anche se non dovesse concorrere l’amore.” Rifacendosi al pensiero di Jonathan Swift, Kafka sosteneva che “Fra tutte le persone, i genitori sono gli ultimi ai quali si deve affidare l’educazione dei figli.”
Non può che stringersi il cuore, a pensare al Kafka adulto ancora convinto che un genitore non possa e non debba ricoprire un ruolo educativo nella vita del proprio figlio.
Di grande impatto emotivo, “Lettera al padre” ci mostra quanto danno si può arrecare a una persona – ancor più a un bambino o un adolescente – se per relazionarvisi si utilizzano i mezzi della superficialità, della violenza psicologica, delle imposizioni e delle umiliazioni.
“Lettera al padre” ci insegna come il dialogo, la pazienza e l’apertura mentale siano gli strumenti giusti per rapportarsi con gli altri e soprattutto per crescere un figlio, per conoscerlo per com’è veramente e per aiutarlo a diventare un adulto sicuro di sé, sano e pronto ad affrontare qualsiasi sfida la vita gli ponga davanti. Ci insegna che la figura di genitore deve ricoprire il ruolo di educatore; e con amore.
Il lettore più sentimentale non potrà fare a meno di sognare e immaginare una riconciliazione tra i due, ma la lettera di Franz fu pubblicata postuma nel 1952 e non fu mai recapitata al padre, che morì nel 1931 ignaro dell’inquietudine che a causa sua aveva agitato l’anima del figlio durante il corso della sua esistenza.
L’ultimo insegnamento, dunque, che possiamo trarre dal vissuto di Hermann e Franz, è un invito a cogliere l’attimo e ad accettare con consapevolezza la necessità di instaurare un dialogo con le persone che amiamo e che ci circondano. È un invito a farlo il prima possibile. Anche adesso.
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