CIO’ CHE LEGGIAMO NON BASTA
Apprendiamo notizie dalla carta stampata ma non sempre basta a darci una reale visione delle cose.
“Il giornalista è un professionista del settore dell’informazione, si occupa di scoprire, analizzare, descrivere e scegliere notizie per poi diffonderle”.
Qualche volta la notizia gli viene regalata da qualche cittadino che gliela porta bella e fatta e a lui resta il compito di verificarne la veridicità. Non può falsare la notizia o omettere qualcosa distorcendo la realtà, se lo fa non è “il giornalista” e la sua condotta è penalmente perseguibile.
Il problema della veridicità delle informazioni è il cuore della responsabilità del giornalista.
Il giornalismo è spesso definito il quarto potere (dopo quelli legislativo, esecutivo e giudiziario) per l’importanza che in uno Stato democratico dovrebbe rivestire e per gli interessi che coinvolge e contrasta (def.).
Per fortuna oggi ci sono altri mezzi oltre la stampa, ci sono i social, le testimonianze dirette, riprese video e registrazioni audio utili a darci una percezione reale delle cose.
La carta stampata non basta perché non sempre è nelle mani di giornalisti professionali e il virus del clientelismo ha ormai invaso le menti di troppi “giornalisti” e direttori di giornali che con il loro comportamento palesano di essere costretti a rendere favori, al limite della sudditanza fisica e psicologica.
Come diceva Marino Solfanelli: “Una notizia deve essere sempre rispettosa della verità, ma anche dei diritti dei cittadini”, e diceva ancora: “Un giornalista non deve sentire mai una sola parte, il suo dovere è verificare”.
Un uomo il cui motto era: “Sfioro il fango, ma non mi infango”. “Un uomo – come scrive di lui il giornalista Gino Di Tizio – sempre capace di volare più in alto di quella melma”.
Questa citazione mi fa riflettere su quanto sia importante incontrare le persone giuste durante il proprio cammino professionale e di vita, persone capaci di lasciare il segno e di cambiare in meglio la nostra vita e il nostro apporto nella società.
Non è solo questione di fortuna, troppo spesso queste fortune passano e non ci trovano pronti a coglierle.
Da educatori abbiamo il dovere di portare alla riflessione i nostri giovani, di invitarli ad osservare chi è degno di essere osservato, chi può insegnare loro molto più di “certa” carta stampata. Abbiamo il dovere di metterli in condizione di scoprire il meglio dai GRANDI che passano e che presto o tardi non ci saranno più, ma che lasceranno il loro profumo nel tempo.
Insegniamo ai nostri ragazzi, uomini e donne di domani, a “volare più in alto della melma, a sfiorare il fango senza infangarsi”.
Siamo educatori e dobbiamo fare qualcosa, non basta mettere al mondo o educare alle buone maniere, bisogna mostrare la prospettiva di un mondo e di una vita che appaiano come un vero regalo, non un tuffo ad occhi chiusi e nel buio totale.
Abbiamo il dovere di essere migliori per rendere migliori i giovani, di batterci perché siano in grado di incidere sulla loro vita e nel mondo in cui vivono e vivranno, perché non si sentano sudditi o mediocri sulla scia di chi nulla ha da dare e da dire, perché non rischino di “infangarsi nella melma“.
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