Il miracolo di essere bambini. Kohler
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Il miracolo di essere bambini. Non si può parlare dei bambini in modo generico o in base all’età, esiste un destino unico, in ciascuno di loro, che va rispettato profondamente per essere capito anche solo in parte. Ci si chiede se un bambino viene al mondo come un foglio bianco sul quale scrivere il suo percorso di vita o come assoluta unicità da rispettare a 360°. I geni avranno qualcosa da dire in proposito? Siamo esseri programmati geneticamente o pronti a essere programmati dell’ambiente in cui nasciamo e viviamo? La matrice genetica e il condizionamento ambientale sono di certo due aspetti che incidono di gran lunga sul destino di ogni essere vivente.
C’è però un terzo elemento che non possiamo ignorare: l’individualità, intesa come originalità, come livello personale di percezione. Ogni bambino ha, infatti, un suo modo di percepire le cose, ha una sua unicità, che lo rende diverso da ogni altro a prescindere dai diversi geni e dai diversi condizionamenti ambientali e culturali. Egli è infatti in grado di percepire perfettamente cosa pensiamo e proviamo per lui.
Se lo consideriamo “disturbato” o “problematico” il nostro atteggiamento nei suoi confronti sarà differente e lui lo percepirà. Poi ci chiediamo, stranamente sorpresi, come mai non apre il suo cuore totalmente, perché non si fida di noi, perché non capisce il nostro amore e perché non riusciamo ad aiutarlo. Questa sua capacità si svilupperà in maniera autonoma anche senza una precisa azione educativa, per questa ragione cercare a ogni costo un metodo per educare o aiutare, non serve a niente o può servire a poco.
“Un grave errore è pensare che un comportamento insolito di un bambino sia dovuto alla mancanza di educazione o a un disturbo dello sviluppo, si rischia di cadere in un circolo vizioso, va invece vista e considerata la sua originalità e non il suo “disturbo”. Kohler
Kohler, pediatra e terapeuta tedesco, nato in Germania nel 1951, ha passato gran parte della sua vita professionale a osservare e aiutare bambini con disturbi dello sviluppo o comportamentali ma anche bambini con più gravi handicap. Quello che affascina di lui è la determinazione con la quale sostiene che qualsiasi provvedimento si voglia prendere, in educazione, non ha senso se non opera la forza dell’amore. Come terapeuta egli non intende la “cura” come “riparazione” o “adeguamento alla norma” ma più che altro ad operare deve esserci – dice – la forza dell’amore. Nel suo libricino Il miracolo di essere bambini, denso di interessanti interventi e spunti pedagogici egli cita Montessori, Steiner, Korczak e altri ancora, i cui metodi seppur diversi tra loro hanno qualcosa che li accomuna.
Ognuno di loro, infatti, ha sostenuto, in un modo o nell’altro, che la vera forza sta nell’incondizionato amore, inteso come attenzione, interesse, partecipazione attiva e disinteressata alla vita del bambino. L’educatore è considerato una guida, colui che si mette al servizio e si preoccupa che il sentiero intrapreso non presenti rischi. Tempo perso, per lui, cercare di trovare un metodo che aiuti il bambino a crescere o il bambino “problematico” a colmare le sue lacune. Ciò che un educatore deve fare, in sintesi, è offrirsi al bambino come guida attraverso le difficoltà della vita.
Ogni individuo ha la sua originalità e deve restare tale, anche se essa non rientra nei nostri parametri di “normalità”.
“I presunti folli sono più vicini agli dèi….. va percepito e visto il divino che c’è in ogni essere umano. Steiner
“Amare significa vedere l’altro così come Dio l’ha concepito”. Dostojevski
Dietro a un disagio, di qualsiasi natura, va cercata l’autenticità che c’è nel bambino che abbiamo di fronte e che vogliamo aiutare. Ci vogliono occhi interessati e puliti per vedere nell’altro la sua autenticità. Percepire è fondamentale, ognuno ha bisogno di essere “percepito”, questo è ciò che Kohler ha imparato da bambini particolari, essi più di altri hanno bisogno di essere percepiti. Ha imparato quindi ad avvicinarsi a essi con sincero interesse per capirli fino in fondo, evitando strategie preconfezionate alla ricerca di risultati tangibili.
L’autore si chiede chi in effetti educhi chi. Chi davvero guidi chi. Tu educatore, cosa stai facendo? Sei sicuro che il bambino vuole i tuoi criteri di normalità?
Per un bambino iperattivo non va cercata una cura (anche la più idonea terrà a bada il problema solo temporaneamente e presto o tardi si dimostrerà inutile), ponendo attenzione al suo problema non facciamo altro che evidenziarlo, dargli un valore maggiore, ci mostriamo interessati, lo combattiamo, gli diamo una grossa considerazione e il bambino ne prenderà coscienza in modo negativo, si sentirà autorizzato a potenziarne gli effetti. L’educatore invece deve percepire ed esaltare qualità che il bimbo di certo nasconde dietro il suo comportamento, deve mostrarsi interessato e affascinato dal nascosto e completamente disinteressato alla sua iperattività. Il bambino capirà che l’educatore ha percepito il meglio di sé e non sembra interessato a ciò che alcuni percepiscono come un problema, una diversità, una malattia da curare. Quindi è bene non fissarsi sul problema ma fare in modo che questo non copra tutto il resto.
Nelle nostre scuole andrebbero rivisti i criteri di valutazione, andrebbe preso in considerazione che ogni essere umano, piccolo che sia, per il solo fatto che esiste può dare vita a cose straordinarie senza dover apparire migliore e più forte di altri.
Ci sono antiche culture in cui i bambini che si comportano fuori dall’ordinario sono osservati con grande attenzione dagli anziani, sono considerati messaggeri degli dèi. Kohler sostiene che essi portano con sé anche altro: accendono in noi il desiderio di guardare oltre il velo, di cogliere qualcos’altro dietro l’apparenza esteriore.
All’educatore il compito di resistere alla tentazione di smettere di lottare, di rinunciare a ogni tentativo pensando che non c’è poi niente altro da fare che continuare a tirare avanti alla meglio. Quest’atteggiamento che viene immediatamente percepito dal bambino problematico o non, risulterebbe devastante per chiunque.
Kohler ripete il suo appello ad abbandonare lo sguardo orientato al difetto nei confronti dei bambini speciali, andare loro incontro con un simile atteggiamento è assolutamente deleterio, i bambini sentono nell’aria il modo di pensare degli adulti e hanno bisogno di aria pulita.
Il miracolo di essere bambini di Henning Kohler, 95 pagine scritte con amore, decisamente da leggere: clicca qui
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