Quando essere ” educatore ” è anche un ” lavoro “.
Siamo tutti educatori ma qualcuno sceglie anche di farne un lavoro.
Insieme ai miei colleghi, ci prendiamo cura dei figli degli altri come fossero figli nostri, non ci fermiamo davanti a nulla: disabilità fisiche o psichiche, disturbi comportamentali e iperattività non sono problemi per noi ma opportunità per essere sempre orientati verso le soluzioni.
Sono tutti diversi i nostri giovani, dobbiamo entrare in sintonia con ognuno di loro in modo differente; facciamo di tutto perché nessuno si senta escluso o ignorato.
Ci occupiamo di accoglierli all’uscita da scuola, li accompagniamo a mensa, ascoltiamo i loro racconti adolescenziali e trasformiamo i loro crucci dell’età in esperienze utili; in alcune strutture scolastiche li accompagniamo a scuola ogni mattina dopo averli svegliati e sollecitati a rimettere le proprie cose al loro posto, a seguire la raccolta differenziata con meticolosità, a rispettare gli spazi degli altri, a spegnere la luce ogni volta che lasciano un ambiente.
Li aiutiamo a studiare, a scrivere meglio, a ripetere, a comprendere e a recuperare le lacune con le quali arrivano alle scuole superiori e che sorprendono anche noi; controlliamo che mangino bene, che non facciano uso di alcool e di droghe; parliamo di educazione sessuale, combattiamo il bullismo e la strafottenza; mostriamo loro quanto sia importante la moderazione ma anche la curiosità per le cose nuove e il coraggio necessario per scoprire e capire gli altri, conoscere se stessi e il mondo in cui vivono: quel mondo lì fuori dalle mura di casa e di quelle scolastiche.
Sappiamo chiedere scusa quando serve e mostriamo loro che scusarsi è importante, non deve essere un alibi ma solo un modo per imparare a non commettere più lo stesso errore; parliamo di tutto e li invitiamo a rimanere bambini per non vedere le diversità come una minaccia; pretendiamo da loro il rispetto per gli altri e, non per ultimo, per l’ambiente in cui vivono; insistiamo sull’importanza dell’igiene personale.
Ci ritroviamo, a volte, a combattere la maleducazione, l’eccessivo spreco di cose e di tempo, combattiamo l’apatia di alcuni di loro; li invitiamo alla lettura, alla scrittura, alla riflessione sulle cose che accadono, vicine e lontane, a fare attività fisica e artistica: li stimoliamo all’arte, alla creatività, alla musica e alla pittura.
Regaliamo incontri in cui poter ascoltare chi, pur con disagi evidenti, mostra di avercela fatta a fare della propria vita un magnifico dipinto.
La notte, talvolta, li sorreggiamo durante vomiti dovuti a virus, a indigestioni o, a volte, a delusioni per un amore finito; prepariamo camomille calde e li assistiamo durante le visite mediche.
Organizziamo incontri con la psicologa e ci facciamo consigliare da lei.
Andiamo ai loro consigli di classe per conoscere l’andamento scolastico e parliamo con i loro insegnanti, incontriamo i loro genitori che quasi sempre apprezzano il nostro lavoro, anche se non manca chi ci lancia frecciatine fuori luogo: come se noi non avessimo abbastanza cura dei loro figli. Mentre noi cerchiamo di capire dove sono finiti i valori familiari, quelli che si imparano dai primi anni di vita, e cerchiamo di capire che cosa ne è stato del loro percorso scolastico fino ad ora.
Quello dell’educatore è tra i lavori che non puoi sospendere quando timbri il cartellino e te ne torni a casa; facciamo il tragitto verso casa con la testa ancora sui nostri adolescenti; ci chiediamo come possiamo fare ancora meglio e progettiamo, leggiamo, scopriamo, ci consultiamo con i colleghi per riproporre esperienze utili alla loro crescita personale.
Quando la scuola chiude noi non stacchiamo mai la spina; la pausa scolastica la utilizziamo per leggere, studiare, seguire corsi di formazione o di aggiornamento; prendiamo nota di tutto ciò che può essere utilizzato per arricchirci; ogni educatore lavora su se stesso per migliorare costantemente il suo approccio con gli adolescenti.
Molti di noi fanno chilometri per raggiungere il posto di lavoro e lo fanno per anni, fino alla pensione; cambiamo macchine con una frequenza disarmante, per non parlare delle gomme, del gasolio e dei costi di autostrada; rischiamo di mettere a rischio la nostra e l’altrui incolumità quando la stanchezza, guidando per tornare a casa dopo il lavoro, si fa sentire arrivando all’improvviso, ma andare al lavoro per noi è sempre un piacere, ogni volta, ogni giorno.
Più che un lavoro è una passione, una passione che ci fa inevitabilmente trascurare qualcos’altro, magari anche un po’ la famiglia e gli amici: abbiamo l’impressione di avere più ricordi legati al lavoro che ad altro.
“Quando si fa un lavoro che si adora, non si lavora mai”
Siamo fortunati noi educatori, soprattutto quelli di noi che hanno scelto e voluto questo lavoro, lo sono un po’ meno quelli che ci si sono ritrovati loro malgrado.
Ai genitori pronti a sminuire il nostro lavoro chiediamo di passare più tempo di qualità con i loro figli, che poi sono un po’ anche i nostri; a chi si lamenta e sembra invidiare le nostre pause dal lavoro, festività e ferie, diciamo di dirigere le proprie energie a rendere il loro ruolo nella società il migliore possibile e di concentrarsi anche su cosa c’è oltre quel palmo dal naso; se ognuno ci mettesse del suo, sarebbe più semplice per tutti.
Ognuno, infondo, si batte per ottenere il lavoro che vuole, non tutti ci riescono ma criticare chi ci è riuscito non giova a nulla; ognuno cerca di ottenere il lavoro che più si adatta alle proprie aspirazioni o, almeno, il minimo che si possa fare è tentare con tutte le proprie forze; riuscirci è una cosa meravigliosa, trovare un lavoro che risponda alla proprie passioni è una fortuna, altrimenti non resta che considerare il lavoro “capitato” una nuova passione.
Lamentarsi, invidiare e criticare chi ha ottenuto ciò che voleva e per cui si è battuto fortemente, non serve a rendere migliore un lavoro che non ami.
Il lavoro per definizione è l’applicazione di una energia (umana, animale o meccanica) al conseguimento di un fine determinato,
perciò se anche il tuo lavoro non dovesse corrispondere alla tua più intima passione, quello che puoi e devi fare è dirigere tutte le tue energie per rendere migliore il lavoro che fortunatamente hai, e fare il possibile per essere tu stesso il migliore in quel campo.
“Cercate ardentemente di scoprire che cosa siete chiamati a fare, e poi mettetevi a farlo appassionatamente. Siate comunque sempre il meglio di qualsiasi cosa siate.” M.L.King
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