….. E venne chiamata due cuori di Marlo Morgan
L’avventura eccezionale di una donna che abbandona la sua carriera per seguire una tribù di aborigeni nell’Outback australiano.
L’autrice racconta la sua esperienza nel cuore di una foresta con gli aborigeni australiani per 4 lunghi, difficili e meravigliosi mesi in cui, vivendo in completa armonia con la natura scopre il vero significato della parola esistere. In questo viaggio, che si traduce nel suo cammino verso se stessa, capisce l’inutilità dell’attaccamento agli oggetti materiali e la necessità di reagire agli imprevisti focalizzando l’attenzione su altro, a dare molta importanza alle proprie radici e al proprio scopo di vita. Gli aborigeni le hanno insegnato a perdonare se stessa, a trarre insegnamento dal passato senza giudicarlo. “Mi dimostrarono – scrive – che è indispensabile essere sincera, accettare e amare se stessa, per poter a mia volta trasmetterlo agli altri”.
Un viaggio nel quale si rende conto che ciò che è sgradevole non va sempre eliminato ma compreso, di quanto spesso le parole rendono solo un’arida traduzione del pensiero e di quanto i continui e artificiosi progressi compiuti dall’umanità in realtà ci stanno portando alla deriva.
I suoi compagni di viaggio vivono immersi nella natura, rispettandola profondamente e prendendone in prestito i beni necessari per poi restituirli alla terra, senza turbarla in alcun modo. Usano bastoni e sassi per produrre musica, suonano e ballano fino a stancarsi e poi alla natura restituiscono tutto, perché un musicista porta la sua musica dentro di sé.
Ed è proprio osservando la natura e gli animali che Marlo impara a trovare risposte: il canguro le insegna che non si può camminare a ritroso; i serpenti le dicono che cambiare pelle è talvolta necessario, come liberarsi delle vecchie abitudini e delle vecchie opinioni…. Solo liberandosi delle cose vecchie si fa spazio alle nuove; quale animale meglio del delfino può insegnare che la vita è fatta per essere libera e felice?
Gli appartenenti alla tribù sono convinti che non ci sia limite a ciò che possiamo abbandonare o acquistare e che ognuno ha la capacità di modificare a piacimento qualsiasi aspetto della propria personalità. “Essi vivono un’esistenza lunga, produttiva e sana e la abbandonano pieni di fiducia”. Non temono la morte, il corpo è solo la sede temporanea della sua parte eterna. Non festeggiano ricorrenze come compleanni o altro, ma solo momenti in cui avvengono mutamenti degni di nota.
Un libro interessante, pieno di spunti di riflessione: “Ciascun essere è unico, in due non è possibile occupare lo stesso spazio; ogni vita è unica, c’è una sola razza ma molte diverse sfumature.
Gli aborigeni vivono una quotidianità nella quale vive chi è felice e in armonia con se stesso, non-vive chi si adira, chi è triste, addolorato o ha paura. Le emozioni negative arrivano ma non sono un posto dove restare a lungo.
Essi non amano la competizione a tutti i costi: un gioco non è divertente se si sottopone qualcun altro a una sconfitta; né vincitori né vinti, solo lo svago generale.
Marlo proviene da un mondo, il nostro, che da ascolto alla parte sinistra del cervello (quella della logica e del buon senso), loro sono invece i maestri della parte destra, perché usano la creatività, l’immaginazione, l’intuito e i principi spirituali. Non trovano nemmeno necessario verbalizzare le loro comunicazioni, parlano attraverso il pensiero, la preghiera o la meditazione. Perché quando si è troppo impegnati a parlare si perde il senso vero delle cose.
Per i membri della tribù il colore della pelle non è un elemento di discriminazione, certi che inizialmente tutti eravamo dello stesso colore e che a quello stiamo tornando.
La paura è un’emozione appartenente al regno animale, dove è molto importante per la sopravvivenza….. O si ha fede o si ha paura, i due atteggiamenti non possono coesiste…… Più cose hai e più motivi si hanno di avere paura e si finisce per vivere solo per quelle cose.
Secondo la tribù un dono è tale solo quando si tratta di qualcosa che il ricevente desidera. Deve essere offerto senza condizioni: può usarlo, distruggerlo, cederlo e così via, è soltanto suo e il donatore non deve aspettarsi nulla in cambio.
In questo viaggio, l’autrice si rende conto anche di quanto sia importante valorizzare l’esperienza e non l’oggetto. Azzerare l’attaccamento alle cose.
Prevalentemente vegetariani, si nutrono di carne solo se necessario ma hanno una grande cura nell’uccidere la preda in modo indolore: le creature viventi non devono conoscere la sofferenza, nessuna creatura dovrebbe soffrire a meno che non lo voglia.
Un viaggio che, com’è immaginabile, è fonte d’insegnamenti reciproci. Prima di lasciarsi gli aborigeni le promettono che pregheranno perché si smetta di distruggere la terra, perché ci sia sempre più gente disposta a lottare per cambiare le cose.
Un libro che si legge con piacere estremo, che coinvolge a tal punto da far vivere, sulla pelle di chi lo legge, sia i disagi che le emozioni di un viaggio difficile e al tempo stesso pieno di spunti educativi.
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